Percassi laureato: le dichiarazioni (integrali) da ex calciatore e presidente
Ecco, tratto da youtube, l’intervento di Antonio Percassi al conferimento della laurea “honoris causa” da parte della IULM. Abbiamo estrapolato le parti che riguardano i suoi inizi di calciatore e la sua esperienza da presidente.
IL CALCIATORE
Il clou dell’estate a Clusone era il Torneo di calcio all’oratorio, un autentico evento con tremila spettatori. Venni schierato come attaccante, vincemmo e fui premiato come miglior giocatore. Alla fine della premiazione entro negli spogliatoi un mio vicino di casa e mi disse “Antonio domani vieni con me, ti porto a fare un provino all’Atalanta”. Non ci potevo credere, per noi ragazzi l’Atalanta era il massimo E poi Bergamo, io a Bergamo non c’ero mai stato era tutto un sogno. La prima volta che misi piedi in città mi feci fare una foto in centro, davanti al monumento di Donizetti; per era come essere a New York. Il provino andò bene e da quel momento il calcio non fu più solamente un gioco. I dirigenti dell’Atalanta erano severi, rigidi, fantastici, chiedevano il massimo dell’educazione e del rispetto. Anche quel timbro mi è rimasto dentro e ancora oggi il settore giovanile dell’Atalanta conserva quell’impronta. A diciassette anni debuttai in prima squadra contro il Bari che allora era uno squadrone. Pareggiammo, non avevo dormito per tre notti; nel primo tempo ero stordito e nel secondo andò meglio. Nell’estate successiva fui aggregato alla prima squadra. Giocare fra i professionisti era meraviglioso, eravamo serviti e riveriti, viaggiavamo alloggiando in hotel di lusso. (…….)
(….) Ero un buon calciatore, se ci fosse però stato il mister sarei diventato un ottimo calciatore, un grande calciatore (…..) In estate venni venduto al Cesena e venni accolto con tutti gli onori, io però finivo gli allenamenti e mi domandavo cosa facessi lì. Passavo il tempo al telefono per sapere del mio negozio con l’idea di aprirne altri. Comincia a fare la spola con Bergamo due volte la settimana, avanti e indietro con la macchina di giorno e di notte. Una volta finita la partita anziché salire sul pullman che ci riportava al ritiro scappai. A metà strada mi fermai in autogrill e chiamai mia moglie per avvertirla che stavo tornando. Lei mi disse che a Cesena mi stavano cercando e io le dissi che se avessero richiamato doveva dire che non sarei più tornato. Il giorno dopo chiamai, mi scusai con tutti loro, soprattutto col presidente e dissi loro che avevo deciso di non voler fare più il calciatore, volevo fare l’imprenditore. (…..)
IL PRESIDENTE
(…..) Non avrei mai potuto immaginare che avremmo giocato in Champions League, affrontare squadre come: Liverpool, Manchester City, Real Madrid, PSG, Bayer Leverkusen, Manchester United, Borussia Dortmund e molte altre. Ma sapevo che con umiltà, passione e programmazione avremmo potuto costruire qualcosa di importante. Il resto lo hanno fatto: mio figlio Luca, mister Gasperini, i ragazzi e tutti quelli che lavorano ogni giorno all’Atalanta. Io me la godo, soffro però come una “bestia” e faccio il tifo. L’Atalanta è un grandissimo grattacapo che non ti molla mai e occupa in modo particolare anche il sabato e la domenica, ma io l’ho nel cuore. Sono stato presidente due volte, la prima comandavano gli altri e la seconda non ho commesso lo stesso errore. Bergamo è una città piccola, un satellite di Milano, tuttavia la sua squadra oggi è conosciuta in tutto il mondo. Penso che una delle chiavi del successo sia stata anche quella di essere riusciti a declinare questa passione nel marketing; nel calcio non vendi un prodotto ma un’emozione, un’appartenenza. Per esempio regalare a tutti i neonati a Bergamo una maglietta dell’Atalanta è stata una scelta diventata un simbolo di tutto questo. Un popolare podcast inglese ha elogiato questa mia iniziativa definendola una delle operazioni di marketing più riusciti nel mondo sportivo.
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